Musica

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mercoledì 1 ottobre 2014

«Un Requiem per Abbado e per Milano»

«Un Requiem per Abbado e per Milano»



Torna il capolavoro verdiano, sul podio Chailly. L'esecuzione in memoria del maestro scomparso. Sarà un appuntamento fisso ogni ottobre


di Elena Percivaldi


Se il buongiorno si vede dal mattino, c'è poco da stare allegri: problemi di salute, furti di documenti, cantanti contattati che danno l'ok e poi subito dopo forfait... L'attesa per il Requiem di Verdi che andrà in scena alla Scala venerdì 3 e sabato 4 ottobre, diretto da Riccardo Chailly in memoria di Claudio Abbado, non è iniziata certo sotto i migliori auspici. Ma non importa: alla presentazione di mercoledì al Piermarini, il sovrintendente Alexander Pereira, il maestro Chailly e lo storico direttore del coro scaligero, Bruno Casoni, hanno fatto di tutto per scongiurare la sfortuna e portare un vento positivo: e per conto nostro, ce l'hanno fatta.
La “pars dextruens” è illustrata in tutta onestà da Pereira, che non nasconde nulla. Primo, la defezione diell'attesissima superstar Jonas Kaufmann, il bel tenore dalla voce scura che abbiamo ammirato nel Lohengrin all'apertura di (quasi) tre stagioni fa. «Kaufmann – dice – ci ha comunicato, l'altroieri alle 20, di aver preso una laringite dopo aver cantato a Boston, e ci ha detto che non ce l'avrebbe fatta. Ci siamo messi subito alla ricerca di un sostituto e lo avevamo pure trovato. Ma anche lui, alle tre di notte, ha rinunciato. Alla fine ieri pomeriggio (martedì, per chi legge) siamo riusciti ad avere la conferma della presenza di Matthew Polenzani, determinante l'intervento del Covent Garden. Sarà lui a cantare al “Requiem”. Al momento è impegnato a Londra nell’“Idomeneo” di Mozart. Lo ringraziamo per la disponibilità. A ciò si aggiunge la disavventura occorsa al soprano Anja Harteros, che ha perso le carte di credito e il passaporto, è dovuta tornare indietro e arriverà appena in tempo per le due ultime prove di oggi (mercoledì, ndr). Ma ce l'abbiamo fatta lo stesso, e nonostante tutto, vedrete che andrà tutto bene».
Alla presentazione stampa mancavano, in solidarietà con i colleghi impossibilitati a partecipare, anche gli altri due solisti scritturati per l'esecuzione, Elīna Garanča e Ildebrando D’Arcangelo. C'era però, e in gran forma, il maestro Chailly, che è parso olimpicamente sereno ma anche emozionato per questa sua ennesima edizione del capolavoro verdiano («Lo avrò diretto 15 o 16 volte...»): un'esecuzione che lo vedrà infatti sul pezzo come futuro direttore principale della Scala (la carica ufficiale partirà per lui il primo gennaio 2015), lui milanese doc a dirigere un lavoro concepito e scritto a Milano, eseguito per la prima volta sotto la Madonnina (in San Marco per ricordare Alessandro Manzoni), in memoria di un altro grande milanese recentemente scomparso, il grande Claudio Abbado...
Qual è la cifra, per Chailly, di questo “Requiem” sotto il segno del divino Claudio? Semplice: il rigore formale e interpretativo che riusciva a mettere in luce l'equilibrio neoclassico della sublime composizione del grande bussetano. E per lui, che di Abbado è stato allievo e assistente negli anni Sessanta, e amico per tutta la vita, la lezione del maestro è stata fondamentale. «Abbado – chiosa – lo ha diretto 26 volte alla Scala. Esemplare il rapporto di stretta comunione che riuscì a stabilire con l'allora maestro del coro Romano Gandolfi, e che ha avuto come risultato la creazione di un dialogo sonoro che è per me un punto di riferimento imprescindibile. Cosa che ho cercato di fare con Casoni, con risultati che mi aspetto davvero importanti. Certo, nel tempo del “Requiem” sono state fatte molte letture, da Toscanini a De Sabata, per arrivare fino a Muti. Ma per me i punti fermi sono i Toscanini del 1938 e del 1951».
La sua, annuncia, sarà una lettura tutt'altro che teatrale. «Si legge spesso – chiosa Chailly – che il Requiem è un lavoro tutto teatrale e per nulla spirituale. Bene, io non sono affatto d'accordo. Certo, Verdi non era un uomo “religioso” in senso convenzionale, e i suoi conflitti con la morale e con la religione sono ben noti. Ma basta leggere la partitura per rendersi conto della profondità della meditazione che egli pose nel confrontarsi con l'Assoluto, con il “dopo”, con la fine di tutto. Ciò che c'è dopo la morte, il senso del destino dell'uomo, non è per lui una certezza di fede ma una ricerca continua, che io credo vada tradotta nel suono. Quella di Verdi è una musica non teatrale ma umana, incarna l'uomo che guarda verso l'Alto alla ricerca di risposte». Il “succo” della religione, altroché. E della musica universale.
E proprio il “Requiem” verdiano diventerà per Milano una vera e propria tradizione culturale. Le esecuzioni, e tante, ci sono già. Ma ora, promette Chailly, ogni ottobre qui sarà appuntamento fisso. E sarà, come in questo caso, “fuori abbonamento”: un modo, sostiene all'unisono con Pereira, di divulgare la musica e di far sì che anche il pubblico non usuale possa avvicinarsi e apprezzare. Cosa chè è già stata abbondantemente fatta di recente con l'orchestra della Scala in piazza Duomo a eseguire Gershwin, davanti a migliaia di persone. E ancora una volta, la lezione di Abbado grande formatore anche di giovani musicisti non manca di farsi sentire.
La notizia della giornata è anche che la Scala, grazie al decreto varato dal governo, ha finalmente ottenuto la tanto sospirata autonomia. Ora però, è l'opinione di Pereira, dovrà meritarsela. Si tratta di una grande responsabilità. Promette il sovrintendente: «Dobbiamo esserne degni. Dobbiamo spingerci verso frontiere mai valicate prima». Anche se ciò significa, magari trovare strade nuove. In questi ultimi tempi di vacche magre, con gli enti lirici in gravissima sofferenza, direttori che lasciano (vedi Muti a Roma) e teatri che rischiano la chiusura, l'imperativo è avvicinare il pubblico con iniziative di richiamo ma anche di qualità. «Dobbiamo – avverte Chailly – salvaguardare la nostra identità culturale. Il segnale è allarmante. Sento dire che se ci sono difficoltà è meglio chiudere un teatro e poi riaprirlo. Ma quando mai qualcosa che è stato chiuso ha mai riaperto? Basti pensare alle orchestre Rai». Rincara la dose Pereira: «Preferisco allora trovare altre strade, magari di compromesso, anche difficili. Chiudere un teatro significa decretarne la morte. E noi la morte, dei teatri come della cultura, non la vogliamo».

 (mercoledì 1 ottobre 2014)

Giuseppe Verdi, Messa da Requiem

Venerdì 3 e sabato 4 ottobre 2014 – ore 20

Teatro alla Scala


Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Direttore Riccardo Chailly

Maestro del Coro Bruno Casoni

Solisti Anja Harteros, Elīna Garanča, Matthew Polenzani, Ildebrando D’Arcangelo